L’immaginario comune vede come punti nevralgici della vita culturale unicamente i grandi centri urbani: solo le grandi città con i suoi pulsanti stimoli e il via vai continuo di voci e idee sembra costituire l’habitat perfetto per una fiorente vita culturale. Questa immagine getta ombra su quelle che possono essere le realtà dell’hinterland, della provincia ricche di forza creativa e di grande resilienza.
Al giorno d’oggi sembra una scelta obbligata quella di spostarsi nei grandi centri, come Roma e Milano, per poter cogliere occasioni, conoscere la gente giusta e farsi conoscere. Senza negare la visibilità che un’esperienza del genere possa donare, è scorretto pensare che sia l’unica strada per fare cultura e avere successo facendo ciò che si ama. Spesso è proprio rimanendo all’interno dei confini delle province, tra limiti e giudizi, che si dà vita alle idee più originali.
Le realtà provinciali appaiono difficili da convincere, i progetti faticano a trovare uno spazio e risorse per essere alimentati e quindi ad emergere. Possono talvolta presentarsi come ambienti fortemente giudicanti, che sembra vogliano preservare le cose così come sono, avendo come risultato una sclerotizzazione dell’estro creativo di chi le abita. Qui appare più complesso manifestarsi in maniere prepotenti e senza vincoli di sorta. Al tempo stesso sono proprio quei legami che molti sentono come familiari, quelle dinamiche, quell’immaginario, che portano alcuni progetti nati in questi contesti nettamente più angusti a un’enorme successo. Non va sottovalutata, dunque, la risonanza che possono avere per tantissimi giovani i progetti partoriti dalla provincia, per il linguaggio, le tematiche e la maniera in cui esse vengono vissute e affrontate da chi le vive in prima persona.
Da questo punto di vista, infatti, quando questo genere di iniziative riesce a sopravvivere alle difficoltà iniziali e a crescere nel tempo, si ottiene un doppio risultato positivo: oltre al successo del progetto in sé, anche la comunità in cui esso è inserito beneficia indirettamente di questa attività. Si crea un circolo virtuoso per cui aspiranti artisti locali possono trovare ispirazione nel successo di loro concittadini, oppure, nel caso di case editrici o produttori musicali, per esempio, possono proporre più facilmente i loro lavori e ottenere da esse un supporto economico e operativo, o ancora può capitare che esse creino o finanzino istituiti, associazioni o semplici corsi con l’obiettivo di fare divulgazione e trasmettere competenze nel proprio ambito e potenzialmente formare futuri collaboratori. La vita culturale cittadina nel complesso viene vivacizzata e corroborata dalla vicinanza di produttori di cultura, dato che, a seconda dei casi, può risultare più facile organizzare festival letterari, concerti o produzioni cinematografiche avendo la possibilità di invitare ospiti importanti sfruttando la rete di contatti che un grande artista o un’impresa culturale importante può vantare.
Nel vasto mare della produzione culturale, l’editoria è una delle fette di mercato più ampie e variegate ma contemporaneamente una delle più difficili all’interno delle quali sopravvivere. Se anche i grandi editori devono continuamente rinnovarsi per sperare di non affondare, a maggior ragione chiunque abbia l’obiettivo di iniziare la propria attività editoriale sul proprio territorio e provare a raggiungere una rilevanza nazionale senza necessariamente cedere al richiamo delle grandi città deve avere ben chiaro che l’originalità e la riconoscibilità devono essere i punti cardine del proprio operato: diventa più che mai fondamentale individuare una propria nicchia e un target specifico di riferimento, determinare una propria identità forte e fare sì che sia riconoscibile dai propri lettori, con i quali inevitabilmente si crea un legame di fiducia più stretto ma anche più delicato rispetto al normale. Dalle Alpi alla Sicilia, si potrebbero citare numerose storie di case editrici che così facendo sono riuscite a ritagliarsi il proprio spazio all’interno del panorama culturale italiano, ma abbiamo scelto come esempio una casa editrice che, partendo da un contesto culturale assolutamente provinciale, è riuscita addirittura ad acquisire rilevanza internazionale nel proprio campo: nella città di Latina è attiva dal 2004 una casa editrice che pubblica graphic novel e saggistica per ragazzi e adulti, si chiama Tunué, nome onomatopeico che richiama alla dinamicità e all’innovazione. Il tutto è nato da una fanzine, poi un sito online e infine la casa editrice che dal 2018 fa parte di un grande gruppo, Il Castoro. A oggi Tunué è una realtà influente anche a livello internazionale, anche grazie alla presenza in molte delle più importanti fiere del fumetto europee. Abbiamo intervistato Emanuele Di Giorgi, originario di Latina, co-fondatore e oggi amministratore di Tunué, che ci ha raccontato il percorso della casa editrice e ci ha dato il suo punto di vista sul tema.
Innanzitutto, abbiamo avuto la conferma di come sfruttare le peculiarità territoriali e riuscire avere un piano editoriale chiaro e originale siano due caratteristiche fondamentali per case editrici emergenti di questo genere: riguardo al primo punto, la Tunué è stata fondata a Latina da latinensi e, anche volendo trasferirsi, «l’editoria è un mestiere creativo e spostare una casa editrice non è come spostare le macchine di uno stabilimento, c’è bisogno delle persone, della loro testa, della loro creatività». Di Giorgi viaggia spesso tra Roma e Milano – è in viaggio anche mentre ci risponde – ma ci spiega che proprio la lontananza dai poli più importanti ha permesso alla casa editrice di sviluppare una propria identità particolare e perciò continuare a coltivare la propria vocazione territoriale rimane importante: «i confini territoriali sono sempre più labili, spesso ormai i nostri consigli d’amministrazione sono online, c’è la possibilità di organizzare call e lavorare in smart working, ma l’incontro fisico è importante e per questo vogliamo provare a continuare ad attrarre a Latina più persone possibili affinché possano lavorare e crescere qui, altre realtà simili lo fanno ed è una sfida che pensiamo di poter raccogliere anche noi».
Riguardo al secondo punto, nel 2010 la Tunué ha avuto un’intuizione: dopo anni dedicati alle graphic novel per adulti, hanno concentrato i propri sforzi per creare la loro prima collana per ragazzi, intitolata tipitondi, colmando un gap nel mondo del fumetto italiano. Con il loro catalogo, vasto e per tutti i gusti, costellato da pubblicazioni nostrane, ma anche collaborazioni con autori esteri, dal manga alle biografie, sono stati capaci di crearsi un proprio pubblico di fedelissimi tra gli appassionati del genere e coprono il 20% del mercato italiano nel campo dei fumetti per ragazzi.
La Tunué è anche un ottimo esempio di come l‘attività di un’impresa culturale possa avere un impatto sulla comunità all’interno della quale opera anche al di là della vendita dei suoi prodotti: per molti anni sono stati organizzati corsi di fumetto e illustrazione aperti a tutti i cittadini, bambini, ragazzi e adulti, spesso artisti della stessa casa editrice sono stati invitati per tenere presentazioni o workshop, ha contribuito a far nascere un club del libro ancora oggi attivo. Infine, è un esempio anche di come una casa editrice possa decidere di portare la propria influenza anche fuori dall’ambito strettamente culturale: all’inizio del mese di luglio ha annunciato il suo sostegno al corteo organizzato in occasione del pride month, partecipando alla manifestazione con alcuni rappresentanti.
Le comunità, i legami, la rete che nascono sono una risorsa fondamentale affinché le province non vengano abbandonate in massa da chi possiede idee a cui vuole dare una forma. Non possiamo lasciare che muoiano per mancanza di risorse.