Nuovo cinema TikTok

Come il social di video sharing cinese sta cambiando il cinema

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Diffuso in ben 150 paesi, con oltre un milardo di utenti, TikTok si riconferma come un social da record. La sua forza sta soprattutto nella tipologia di contenuti che propone: video non troppo lunghi ma che riescono a intrattenere uno spettatore sempre più orientato a fare swipe up. Il valore aggiunto è lo stesso algoritmo del social che propone contenuti più in linea con le preferenze degli utenti. Si trova di tutto: da video umoristici, mash up, challenge fino a approfondimenti culturali nei quali vengono affrontate tematiche più complesse.

A proposito di quest’ultima accezione vale la pena ricordare che nel 2020, in pieno periodo pandemia, nasce il fenomeno/trend BookTok, del quale avevamo già parlato qualche tempo fa in questo articolo. Dopo un inizio in sordina, la sua crescita esponenziale ha portato non solo all’arrivo di figure come gli influencer della lettura – che dispensano consigli agli appassionati – ma ha fornito anche  un chiaro esempio di come  piattaforme di aggregazione personalizzata di interessi come Tik Tok possano anche essere terra fertile per la creazione community utili ad eventuali investimenti in ottica brand-strategy. Così, a marzo 2022, TikTok annuncia l’introduzione di un nuovo format video: potranno avere una durata pari a  dieci minuti. Questa novità, oltre a portare il colosso cinese in concorrenza diretta con YouTube, risponde a un trend e un’esigenza della società moderna di ascoltare e raccontare storie anche attraverso i social media.

L’arte dello storytelling è una pratica diffusa anche nel mondo del marketing e in particolare della comunicazione. Henry Jenkins, facendo un affondo sul transmedia storytelling, lo definisce come «un processo in cui elementi integrali di una storia si diramano attraverso molteplici canali con l’obiettivo di creare un’esperienza di intrattenimento omogenea e coordinata». Si tratta dunque della costruzione di un’esperienza trasversale che coinvolge numerosi ambiti, media e fruitori. Infatti, una delle caratteristiche di questo tipo di storytelling è la partecipazione attiva degli utenti alla creazione e diffusione di un mondo definito.

Le persone desiderano rispecchiarsi nei valori raccontati  perciò  è importante trasmetterli attraverso narrazioni significative. L’economista David A. Aaker afferma che: La prima caratteristica di una storia significativa, al contrario di una storia tattica, è aspettarsi che quest’ultima abbia una vita breve. […] L’altra caratteristica è che deve essere una storia potente. Deve essere qualcosa di memorabile… qualcosa di cui la gente parlerà e ripeterà».

Nell’universo social (Tik Tok ha sublimato questa tendenza) i concetti di significatività e di memorabilità esposti da Aaker riferiti alle creazioni di storie sembrano solo belle parole al vento. Oggi le narrazioni a cui gli utenti vengono sottoposti e “agganciati” (ricordando le hook strategy usate nel marketing), sono tutt’altro che significative.

Il “nonsense virale” di TikTok assume in questo senso varie sfumature. A consentire all’utente di rimanere più a lungo possibile sui social non sono solo i contenuti virali proposti dall’algoritmo e la facilità di passaggio dall’uno all’altro, ma la modalità di presentare il contenuto stesso. Secondo il giornalista Eli Glasner (CBC News, 2023) TikTok sta venendo divorato dallo sludge content. Si tratta dell’utilizzo di schermi divisi in modo da mostrare il contenuto dell’utente al fianco di clip non correlate, ad esempio di attività ASMR o film e serie tv. La tecnica è stata usata anche nel cinema, ma su TikTok le stimolazioni continue su schermi multipli scollegati hanno l’effetto di disgregare l’attenzione. Lo scopo non è mettere insieme un caos di elementi per far focalizzare l’utente su uno di essi, ma è quello di aumentare la permanenza degli spettatori. Perché tanta confusione funziona? «Se stai guardando il primo video e ti annoi, allora ti sposti sul secondo e la tua permanenza sul sito aumenta comunque un millisecondo in più». E così via, in un sovrastimolo continuo che «non è pensato per il coinvolgimento attivo [dell’utente]. Mentre attinge alle già limitate capacità delle persone di essere attente ai media per lunghi periodi di tempo, contribuisce a limitare la loro concentrazione» (Billy Oberman per CBC News, 2023).    

Lo sludge content e più in generale il contenuto “fast food” ha, in parte e per certi versi, fatto la fortuna di tutta quell’area di business legata ai social network, che per anni hanno fatto della viralità la loro forza. Tik Tok con le sue infinite sotto-realtà è solo l’ultimo di una lunga fila di social network in coda dallo psicologo in preda a una profonda crisi d’identità. Le stesse crisi sembrano però aver colpito l’intero universo multimediale. L’industria cinematografica che per più di un secolo ha dettato le regole dell’intrattenimento e non solo, sembra negli ultimi anni attraversare la suddetta crisi dei contenuti.  

Su TikTok si reinventa il cinema 

La differenza tra quello che vediamo al cinema e quello che vediamo sui nostri telefoni resta comunque ancora netta: TikTok sembra cercare di colmare queste differenze con metodi e trend quanto più lontani possibile da quello che identifichiamo come “cinema”. Martin Scorsese in un’intervista ad Empire Magazine ha detto che ormai nel mercato cinematografico esistono due campi, «l’intrattenimento audiovisivo e il cinema» e teme che «il dominio finanziario di uno finisca per marginalizzare e persino screditare l’esistenza dell’altro». 

 

Su TikTok questo confine sembra già non esistere più: uno dei film più visti ad inizio 2023 (sia in Italia che negli Stati Uniti) è stato l’horror M3GAN, una specie di versione moderna di Chucky la bambola assassina. Il successo del film è legato ad una scena – già visibile dal trailer – in cui la bambola robot si lancia in una assurda quanto inquietante coreografia, e nei giorni successivi all’uscita del trailer la scena in questione è andata virale sul social: molti utenti hanno ripreso e imitato il ballo spingendo così sempre più persone ad andare a vedere il film. Secondo il regista Gerard Johnstone non ci sarebbe stata l’intenzione di creare una coreografia che avrebbe spopolato su TikTok, eppure la campagna promozionale della Universal ha spinto molto su questo ballo per pubblicizzare il film. La protagonista Allison Williams ha rivelato che si era discusso a proposito del mostrare o meno quella scena già nel trailer e alla fine il reparto marketing di M3GAN aveva deciso di tenerla: una scelta che, a posteriori, ha fatto solo bene (con un budget di 12 milioni di dollari il film ne ha incassati 177 solo al botteghino americano).

 

Inserire questi stacchetti brevi ma d’impatto in film o serie tv, sembra stia diventando quasi la consuetudine per far crescere di popolarità il prodotto e ottenere una promozione di fatto gratuita. Un altro caso è Mercoledì, che con le sue 12 miliardi di visualizzazioni è tra le serie recenti più viste di sempre su Netflix. Il successo si deve a una scena ormai nota che su TikTok ha raggiunto più di 84 milioni di utenti: Mercoledì Addams balla sulle note di Goo Goo Muck dei Cramps. La scena però è andata virale in realtà con un’altra canzone di sottofondo, e non quella che si sente nella serie: una versione velocizzata di Bloody Mary di Lady Gaga. 

 

Anche questo delle canzoni velocizzate (speed up songs) è un trend – ancora prima un genere, “nightcore” – che nasce su TikTok: i musicisti Steve Lacy e Oliver Tree sono andati virali nell’ultimo anno sulla piattaforma con le versioni velocizzate delle loro canzoni, rispettivamente Bad Habit e Miss You, con un successo tale da far rilanciare ad entrambi gli artisti i loro album in una nuova versione, quella “speed up”.

 

Diverso è il caso di EPIC: The Musical, un concept album ispirato all’Odissea e che propone un nuovo modo di raccontare l’opera di Omero tramite 40 canzoni divise in “saghe” (finora disponibili The Troy Saga e The Cyclops Saga). La canzone Warrior of the Mind che chiude The Troy Saga era andata virale su TikTok. Il creatore Jorge Rivera-Herrans ha dato vita a questo concept album condividendo melodie e strofe prima su Discord e poi su TikTok, tenendo così sempre traccia del progresso con un continuo dietro le quinte disponibile per tutti quei fan che volessero essere parte attiva di questa creazione. EPIC ha così avuto successo ancora prima che l’opera fosse terminata o che ci fosse un cast (e i provini sono passati poi dallo stesso TikTok): un’operazione che ha di certo tratto il meglio da questa evoluzione transmediale.

 

Tornando però al “cinema” visto da – e su – TikTok, le cose sono diverse. David Lynch è un altro regista che ha sempre avuto una forte posizione nello scontro tra sala e casa (o cinema e telefoni): in un filmato tratto dal backstage di Inland Empire dice che «è triste quando pensi di aver visto un film sul tuo cazzo di telefono». Ha cambiato un po’ idea quando è arrivato il momento di far uscire Twin Peaks – Il ritorno nel 2017, dando persino consigli sulle dimensioni dello schermo e sulla qualità dell’immagine e del suono, dando per scontato che le persone avrebbero guardato tutto il “film” in una volta sola, ma TikTok ha cambiato anche questo ragionamento.

 

I film sul social vengono decostruiti per adattarli a questa epoca di mancanza di attenzione che ci minaccia e abbiamo imparato a conoscere con lo sludge content: le regole sulla progressione lineare della trama e della storia non esistono più. Ormai più account ripropongono film spacchettati in centinaia di clip talvolta nemmeno nella loro interezza, con l’opportunità di scorrere il dito verso l’alto per aprire la sezione commenti e leggere o contribuire mentre la clip continua a essere riprodotta in sottofondo: il “second-screen” di Hollywood – film e serie tv pensati per gli spettatori che sono al telefono durante la riproduzione tutto all’interno di un unico dispositivo – è realtà.

Forse è vero quello che dice Scorsese  nell’intervista prima citata: questi film non sono cinema, ma «parchi a tema», che è la maniera con cui potremmo identificare il fenomeno appena discusso su TikTok. Il social trasforma lo storytelling in un grosso parco dei divertimenti: c’è confusione e scompiglio, ma ci si diverte, e a volte vale la pena raccontare le storie che ne vengono fuori.



Brand, Festival e trend che puntano tutto sulla viralità

 

“Non trasformarci in un film di Wes Anderson!” è lo slogan della pubblicità di Adidas in collaborazione con il creator britannico Keith Afadi. La frase fa riferimento al trend di TikTok che spopola nell’ultimo mese, ispirato all’estetica di Wes Anderson. Il suo stile è inconfondibile, sognante, fatto di colori caldi e saturi, simmetrie, vintage, un tocco di bizzarro e le note di Obituary di Alexandre Desplat, compositore del regista. È stato riutilizzato in migliaia di video di spaccati di vita quotidiana su TikTok, tanto da ispirare influencer e brand. Nei video compaiono scritte come “You better not act like you’re in a Wes Anderson film” e attività romanticizzate dall’editing. 

È facile capire le implicazioni: i film di Wes Anderson hanno acquisito un’impennata di popolarità. L’atto di prendere un prodotto cinematografico e proiettarlo nella propria vita è la prova che il mondo dei media è influenzato dall’accoglienza su TikTok. 

Un altro esempio è la serie prodotta da Prime Video intitolata Daisy Jones and the Six. Questa serie tv ha un’estetica riconoscibile, ispirata agli anni Settanta, che è stata molto apprezzata su TikTok. La passione per lo stile di abbigliamento si intreccia a un rinnovato interesse per il vintage e l’impronta musicale dell’epoca. Tutto questo si somma al successo che il romanzo ha avuto come #BookTok e ad una campagna di marketing efficace.

Va citato infine il caso di Minions: The Rise Of Gru (2022). Per la proiezione del film, molti adolescenti hanno creato un trend riprendendosi su TikTok in abiti eleganti. Gli incassi sono arrivati a 940 milioni di dollari nel mondo. La dirigente dei social media di Cineworld UK, Olivia Ter-Berg, dice che oggi il focus non è fare pubblicità esplicita ma inserire il film nei video di TikTok. Tramite un annuncio, ha detto: «quest’anno, siamo lieti di essere il partner ufficiale del 75° Festival de Cannes, per continuare a ispirare artisti, registi e creativi a scoprire, creare e condividere storie che amano».

L’azienda è ben consapevole di essere un collante tra l’industria dell’intrattenimento, il prodotto artistico e il pubblico. L’hashtag #Cinematok, ad esempio, ha 2.3 miliardi di visualizzazioni e fa scoprire i film ai più giovani. La viralità ha reso democratico il cinema. 

TikTok è «il più caotico “servizio di streaming” possibile», scrive la blogger Allegra Rosenberg (Polygon). In TikTok, infatti, l’usanza di pubblicare clip casuali di film ha reso questi prodotti più famosi o iconici. Ciò si rivela un modo efficace per avvicinare gli adolescenti, anche a film meno recenti. A volte, poi, gli account che pubblicano le scene aspettano di aggiungerne altre, creando una sorta di hype. In parecchi casi, le clip spariscono e ricompaiono probabilmente per problemi di copyright.

Perché per gli utenti le clip sono preferibili al guardare l’intero film? La risposta è intuitiva: nel secondo caso verrebbe meno la componente social, partecipativa e fatta di interazioni in tempo reale. Allegra Rosenberg parla di “engagement bait” per dire che molto spesso le scene vengono pubblicate senza contesto o titoli, costringendo i curiosi a richiederli con commenti e interazioni. 

Nonostante questo, però, la società di ricerche di mercato statunitense Suzy ha condotto uno studio nel 2021: il 41% degli intervistati ha dichiarato di aver cercato gli orari del cinema di un film scoperto sui social e il 26% di loro ha acquistato poi un biglietto per vederlo. Il coinvolgimento del pubblico su TikTok aiuta il prodotto ad essere apprezzato e aspettato. Promuovere un film o una serie su TikTok «avvantaggia l’intero settore», dice Olivia Ter-Berg, anche perché crea un valore sentimentale attorno al prodotto.

Alla luce di queste considerazioni, si può affermare che l’industria del cinema si stia risollevando grazie a TikTok. 





Presagi e visioni del nuovo storytelling

Nel 1982 in una stanza d’albergo di Cannes alcuni registi venivano ripresi mentre rispondevano ad una serie di domande sul cinema: Wim Wenders raccolse queste interviste nel documentario Chambre 666, aprendo così un dibattito sullo stato del cinema. Tra i registi chiamati in causa anche Michelangelo Antonioni, che interrogato sul linguaggio del medium e sul cambiamento provocato dalle innovazioni tecnologiche disse: «Avremo il cinema in casa e non ci sarà più bisogno delle sale cinematografiche. Queste strutture cadranno e ci vorrà del tempo. Poi tutte queste trasformazioni avverranno e noi non potremo farci niente e non resterà che adattarsi». 

 

È innegabile riconoscere che, nel presagio di Antonioni, TikTok sembra proprio svolgere un ruolo fondamentale nella potenziale trasformazione del cinema – e dello storytelling. Se guardiamo alla morte del linguaggio cinematografico che si prevedeva nel documentario, il social non sembra andare verso questa condanna, ma rimane vero che nella traslazione da grande a piccolo (piccolissimo) schermo, i mezzi di questa evoluzione lasciano a desiderare: dallo sludge content in poi gli utenti sembrano costretti a adattarsi più che alle logiche di TikTok, alle logiche di internet. E il mondo di internet, lo sappiamo, cambia rapidamente: in pochi anni TikTok ha ribaltato le regole della socialità online mettendo al centro dell’esperienza “social” la costruzione di sempre più individuali reti di interessi, ponendo in secondo piano il network dei contatti. C’è chi oltreoceano parla già della morte dei social network per come li conosciamo noi oggi, la verità è che, come abbiamo detto, il “parco dei divertimenti” dei social network cambia in continuazione e bisogna solo capire in che direzione bisogna andare.

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