«Non lo faccio per me, lo faccio per gli uomini italiani: ti tocca la doccia» dice il presentatore alla giovane co-conduttrice. Incoraggiata dal pubblico, la ragazza entra nel box doccia posto al centro dello studio. Attraverso la parete di vetro, la telecamera riprende il vestito bianco della ragazza che, sotto il getto d’acqua, diventa completamente trasparente, diffondendo sugli schermi di migliaia di telespettatori inquadrature ravvicinate del corpo della giovane.
Era il non troppo lontano 2008, e la scena in questione veniva trasmessa su Canale 5 di domenica pomeriggio nel corso di Buona Domenica – programma che quell’anno avrebbe raggiunto quasi il 19% di share. Tutt’altro che un’eccezione, questo tipo di rappresentazione della donna ha contraddistinto per decenni i canali televisivi controllati da Berlusconi. All’indomani della sua morte, è quindi necessaria una riflessione su che tipo di eredità il proprietario del più grande impero mediatico italiano lascia in riferimento all’immagine femminile, e con quali conseguenze sulla cultura e sulla mentalità del nostro paese.
Con la fondazione di Canale 5 nel 1980 e l’acquisizione di Italia 1 e Rete 4 negli anni successivi – i tre canali che ancora oggi costituiscono il fulcro del gruppo Mediaset – Berlusconi si impone come una delle personalità più influenti nel panorama televisivo italiano. Nei decenni successivi, e fino ad oggi, i programmi trasmessi sulle sue reti avrebbero modificato profondamente il piccolo schermo e plasmato la cultura e l’immaginario popolare italiano. Sotto l’influenza di Berlusconi, la tv diventa sempre più orientata verso l’intrattenimento, e caratterizzata dalla promozione di un’immagine sessualizzata e oggettificata della donna.
Drive in, trasmesso su Italia 1 dal 1983 al 1988, è uno dei primi programmi che porta nella tv italiana showgirl giovanissime e attraenti, ballerine in abiti succinti, e vallette ridotte a un mero ruolo decorativo e ornamentale. Colpo Grosso, quiz a premi trasmesso a partire dal 1987, sarebbe poi diventato un simbolo della sessualizzazione della donna sulla tv di Berlusconi: il programma prevedeva che le giovani assistenti – le cosiddette ragazze Cin Cin – si spogliassero progressivamente per ogni risposta esatta data dai concorrenti.
Successivamente, programmi cult con milioni di telespettatori come Non è la Rai e Striscia la Notizia hanno codificato il ruolo delle veline: giovani e belle assistenti di presentatori uomini, e costante oggetto delle battute a sfondo sessuale di questi, che si esibiscono in appositi stacchetti musicali e che infiammano il pubblico per i loro attributi fisici. In una posizione chiaramente secondaria rispetto a quella degli uomini sul set, quasi sempre mute e ritratte come stupide quando parlano, l’identità e il valore delle veline è quasi interamente ridotto al loro aspetto fisico e a quanto esse siano sessualmente attraenti agli occhi degli uomini.

Nel suo documentario del 2009 Il Corpo delle Donne, la scrittrice e attivista Lorella Zanardo sosteneva che «le donne sono una specie in via di estinzione nella televisione italiana, e sono state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante». Le donne ritratte in televisione – spiegava Zanardo nel documentario e nell’omonimo libro – sembravano assecondare ogni desiderio dell’uomo, venendo ridotte e riducendosi ad oggetti sessuali, e rinunciando a qualsiasi possibilità di essere interlocutrici alla pari delle loro controparti maschili.
«La presenza della donna in TV è una presenza di quantità, raramente di qualità,» osservava Zanardo: le donne erano limitate a ruoli che non richiedevano alcuna competenza, a stacchetti di contorno al programma vero e proprio, e anche le poche donne interpellate per la loro professionalità e con qualcosa da dire – esperte, giornaliste o politiche – erano ritratte in TV come oggetti desiderabili, senza nessuna identità originale e genuina. Al contrario, i presentatori di sesso maschile erano spesso poco attraenti e di un’età più avanzata rispetto alle colleghe, tuttavia il loro carisma, la loro personalità o i loro successi professionali erano considerati sufficienti a farli apparire sullo schermo.
«Quello che caratterizza l’immagine della donna nella nuova televisione commerciale di Berlusconi,» spiega la sociologa Marina Calloni, «è quello di una rappresentazione del corpo femminile visto attraverso l’occhio maschile, per essere sfruttato come strumento commerciale.» Calloni spiega che, dalla televisione refrattaria dei decenni precedenti, dove alle donne venivano completamente coperte le forme, con Berlusconi si passa velocemente a un corpo femminile che viene estremamente sessualizzato a fini commerciali. «Nella tv di Berlusconi, le donne non hanno spazi di autorappresentazione: il loro corpo viene usato per riflettere quelli che sono i desideri degli italiani, diventando un oggetto da guardare, un prodotto da vendere e comprare.»
La pratica di rappresentare le donne in televisione attraverso lo sguardo maschile e di associare il valore e l’identità di una donna a quanto essa sia giudicata attraente dagli uomini, così come la finalità commerciale di questa rappresentazione, emerge chiaramente nelle pubblicità. Uno studio ha evidenziato come l’erotizzazione del corpo femminile viene strumentalizzata nella televisione italiana per attrarre sia un pubblico maschile che femminile: spesso immagini che riflettono desideri sessuali maschili vengono infatti utilizzate per vendere prodotti alle donne.
Tra le co-fondatrici di Se Non Ora, Quando – movimento femminista nato nel 2010 per mobilitare le donne contro questa rappresentazione denigratoria della donna – Marina Calloni è convinta che le donne italiane abbiano acquisito una sempre più forte consapevolezza della necessità di rappresentarsi attraverso i loro occhi, ma che la battaglia non sia ancora conclusa, e il lascito culturale pesante. «La tv di Berlusconi lascia in eredità nella memoria collettiva il pesante ricordo di ciò che non vogliamo essere: non vogliamo essere commercializzate, vogliamo essere rappresentate da noi stesse, e soprattutto valutate per le nostre competenze.»

L’eredità più pesante di questa rappresentazione umiliante della donna è quella lasciata sulle bambine e ragazze cresciute guardando la tv di Berlusconi, costantemente esposte a immagini di donne sessualizzate e oggettificate, e abituate vedere la propria identità femminile denigrata. «Guardare programmi come Le Veline, nonostante mi capitasse saltuariamente, mi ha sicuramente reso più consapevole del mio corpo» dice Carlotta, che oggi ha 23 anni e ne aveva solo 12 quando il programma condotto da Ezio Greggio veniva trasmesso su Canale 5. «Osservare dei corpi così canonicamente perfetti e così diversi dal mio mi ha segnato,» continua Carlotta, «crescendo, non riconoscermi in quel modello di bellezza ha sicuramente creato in me un certo disagio.»
Un’altra trasmissione che Carlotta ricorda di aver guardato è Ciao Darwin, in onda dal 1998 al 2019 su Canale 5. Il programma consisteva in varie sfide e giochi tra due squadre che rappresentavano due gruppi opposti di persone. Uno degli episodi che è rimasto impresso a Carlotta vedeva sfidarsi i ‘Belli’ contro i ‘Brutti’, e la ragazza ricorda di aver provato un forte disagio per l’eccessiva importanza attribuita all’aspetto fisico dei partecipanti. La figura di Madre Natura, una giovane molto attraente con il compito di sorteggiare i concorrenti per le varie sfide, rafforzava ulteriormente questo disagio. «L’iper-sessualizzazione della donna in questi programmi televisivi ha generato in me bambina una forte consapevolezza – anche un’iper-consapevolezza – del mio corpo,» riflette Carlotta, «così come della mia identità di donna percepita come qualcosa di sessuale sempre e comunque.»
Un aspetto che Carlotta ricorda come particolarmente problematico nei programmi dei canali di Berlusconi consisteva nei commenti volgari dei conduttori nei confronti delle vallette. «Tutte le figure femminili erano costantemente oggetto di commenti beceri e umilianti a cui non reagivano in alcun modo, continuando a sorridere alla telecamera,» spiega la ragazza, «questa assenza di rabbia, di indignazione, questo prestarsi a essere un oggetto, in qualche modo comunica che come donna è quello il modello a cui puoi e devi aspirare: non esisteva un modello di femminilità alternativo alla strafiga che è solo quello e che è apprezzata solo in quanto strafiga.»
Sonia, oggi ventiquattrenne, ricorda di aver occasionalmente guardato Ciao Darwin e Striscia la Notizia, a volte addirittura imitando con la sorella gemella i balletti delle veline. Ripensando, oggi, alla rappresentazione delle donne in queste trasmissioni, Sonia spiega che «il ruolo delle due ragazze risultava assolutamente di contorno e accessorio, in un qualche modo slegato dal resto del programma, e in contrasto con la controparte maschile dei due presentatori, solitamente vestiti in giacca e cravatta, bruttini, e comici.» Lo schema proposto era sempre il solito, ricorda Sonia: l’uomo ricopriva la funzione del presentatore divertente e spigliato, mentre l’unico attributo associato alle figure femminili era l’attrattività.
Nonostante, fin da bambina, Sonia ricorda di aver provato un indistinto senso di disagio davanti a questa rappresentazione, e di non aver mai visto la figura della velina come punto di riferimento o ambizione per il futuro, la ragazza riconosce che questo immaginario femminile ha avuto un impatto su di lei. «Il pensiero che facilmente può insinuarsi nella testa di una bambina o di un’adolescente che guarda queste trasmissioni è che per avere un posto in questo mondo sia necessario poter mostrare un fisico invidiabile dal resto della popolazione femminile e desiderabile da quella maschile,» continua Sonia, e nonostante la scuola e la famiglia le trasmettessero altre ambizioni, la ragazza sentiva comunque due standard da soddisfare, ovvero di «essere bellissime e allo stesso tempo interessanti, talentuose e intelligenti per non deludere nessuno.»

La focalizzazione esasperata sull’aspetto fisico delle donne, e gli standard di bellezza irraggiungibili, che hanno caratterizzato e continuano a caratterizzare la tv di Berlusconi comunicano alle donne che il loro valore è determinato da quanto esse siano attraenti e desiderabili dagli uomini. La pressione sociale che le donne italiane sentono rispetto al dover rientrare in un particolare standard di bellezza, spesso malsano e irraggiungibile, si riflette nei tristi dati sui disturbi alimentari che affliggono le giovani italiane. Uno studio del 2021 ha stimato che, in Italia, circa un giovane su tre soffra di disturbi alimentari, con un’incidenza nettamente superiore nelle ragazze rispetto ai ragazzi. Un dato molto maggiore rispetto alla media mondiale, comunque preoccupante, di un giovane su cinque. Dopo gli incidenti stradali, i disturbi alimentari sono la prima causa di morte per gli under 25: ogni anno circa 4.000 giovani italiani – più di 10 al giorno – quasi esclusivamente ragazze, muoiono per anoressia o altri disturbi alimentari.
Le donne italiane sono anche tra le più propense al mondo a ricorrere alla chirurgia plastica. Con 668,784 interventi estetici – chirurgici e non – nel 2021, l’Italia è infatti il settimo paese al mondo per numero di interventi pro capite e il terzo in Europa, dietro a Grecia e Germania. Secondo la Società Italiana di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica (SICPRE), oltre il 40% degli interventi estetici viene richiesto da donne giovanissime, tra i 18 e i 29 anni. Il 74% delle donne intervistate per un’indagine realizzata nel 2012 da DoxaPharma ha dichiarato di aver considerato la possibilità di effettuare un intervento di chirurgia estetica: come ragioni a sostegno di una possibile operazione, il 67% delle intervistate ha indicato il desiderio di piacere di più agli altri e il 29% quello di soddisfare un desiderio del proprio partner.
Ma non è solo sulle giovani donne che la tv di Berlusconi ha avuto effetti nocivi. Nicolò, ragazzo di 23 anni che si definisce «cresciuto a pane e Mediaset», riconosce che la rappresentazione femminile a cui è stato esposto da bambino e adolescente ha avuto un impatto negativo sul suo modo di vedere le donne. «Di tutte le donne che ho visto su Mediaset durante la mia infanzia e adolescenza ce n’era solo una che era vestita e parlava, ovvero Michelle Hunziker, che co-conduceva ogni tanto Striscia la Notizia: tutto il resto era un’oasi di donne che ballavano in bikini.» ricorda Nicolò. Il ragazzo, che crescendo guardava Striscia la Notizia ogni sera, oltre a Ciao Darwin e Le Veline, oggi descrive il modo in cui venivano rappresentate le donne in questi programmi come «l’apoteosi dell’oggettificazione di donne totalmente prestate alla sessualizzazione da parte del pubblico.»
«Il fatto che io da ragazzino abbia assorbito così tanto una cultura sessista ha fatto sì che normalizzassi questa rappresentazione sessualizzata delle donne,» continua Nicolò, «e non ha decisamente contribuito a far si che mi formassi un’immagine rispettosa della donna e un’opinione edificante dell’emancipazione femminile.» Quando, anni più tardi, Nicolò ha analizzato i programmi che ha guardato da bambino, si è reso conto della problematicità di questa rappresentazione, che ritiene essere stata estremamente nociva sulla cultura e sulla mentalità del nostro paese. «La tv di Berlusconi ha contribuito alla costruzione di una cultura fortemente patriarcale qui in Italia.»
Nonostante oggi la televisione sembra essere diventata più accorta nel rappresentare le donne in modo rispettoso, e ci sia più consapevolezza riguardo alla problematicità di un’immagine femminile sessualizzata e oggettificata, gli effetti di questa rappresentazione sono ancora presenti nella cultura e nella mentalità del nostro paese e continueranno a esserlo per anni. Un’eredità difficile che deve essere ricordata all’indomani della morte di Berlusconi, il primo a promuovere questa rappresentazione umiliante delle donne.