Intervista a Massimiliano Monnani, presidente di Asilo Savoia

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A partire da ottobre 2021 Scomodo ha avviato la collaborazione con la ASP Asilo Savoia sul progetto “Diciotto anni e un giorno”. Asilo Savoia si occupa di erogare servizi per minori, giovani, famiglie e donne in situazioni di svantaggio, per persone anziane autosufficienti che vivono in una situazione di disagio economico- sociale.

Nel Lazio, dal 2019, l’Asilo Savoia ha avviato una sperimentazione in favore dei Care Leavers. Grazie all’utilizzo di fondi del ministero del lavoro e delle politiche sociali, della Regione Lazio e del Comune di Roma vengono messi a sistema una serie di interventi e di dispositivi utili a supportare i Care Leavers nel loro processo di raggiungimento dell’autonomia.

L’intervento costruito da Scomodo è pensato da una parte per fornire supporto lavorativo e relazionale ai ragazzi coinvolti, dall’altra per costruire una narrazione efficace, attraverso la costruzione di un portale sul nostro sito che, partendo dal modello positivo di Asilo Savoia, indaga a tutto tondo la tematica dei Care Leavers nel Lazio e in Italia.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare il Presidente dell’ASP, Massimiliano Monnanni.

 

Per iniziare la nostra rassegna introduttiva delle attività svolte dall’ASP Asilo Savoia, le chiediamo di raccontarci la sua esperienza, con un occhio di riguardo ai motivi che la hanno spinta a rivolgere il suo impegno sociale verso la collettività proprio attraverso questa ASP. 

Io arrivo alla funzione di presidente di Asilo Savoia nel 2014 dopo altre esperienze nel campo degli enti di assistenza e beneficienza. Il mio primo incarico risale al ’98.

Il mio impegno sociale ha avuto una dimensione politica fin da quando ero ragazzo, fino ai primi anni 90’. Chiusa questa mia prima esperienza, l’impegno politico per la cittadinanza e la collettività lo ho ri-orientato in una chiave sociale e così ho incontrato questa istituzione di cui poi sono stato designato presidente.

Mi sono innamorato di questo genere di istituzioni anche in veste di laureato ed esperto di storia contemporanea. Infatti, esse hanno una forte valenza storica ravvisabile nella crescita delle collettività, dei territori, con una forte funzione e un importante interesse sociale.

L’asilo Savoia era una Ipab, oggi azienda pubblica per i servizi alla persona. Si tratta di un tipo di ente pubblico che opera principalmente con i proventi del proprio patrimonio, spesso accumulato nel corso degli anni grazie a lasciti e donazioni private. È un’azienda che ha una forte patrimonializzazione e che ha quindi dei doveri specifici sia nei confronti della collettività che nei confronti di chi ha conferito questo patrimonio. Questo ha sempre dato alle Ipab una decisa connotazione iconica rispetto al territorio dove operano, un’importante visibilità e quindi una solida presenza sul territorio.

Queste caratteristiche, la patrimonializzazione, le professionalità che sono create all’interno di questa istituzione e il forte legame con il territorio, sono confluite nella legge che ha fatto sì che queste aziende si debbano necessariamente mettere in rete nel territorio e cooperare insieme agli Enti locali e alla Regione. In particolare con il Comune che è titolare delle funzioni socio educative e assistenziali.

Dall’altro lato risulta fondamentale la cooperazione con il terzo settore, che è la versione aggiornata delle Ipab. Le ipab avevano e hanno tuttora veste giuridica pubblica. Infatti, prima della Costituzione italiana, tutte le iniziative di solidarietà e di beneficenza che avessero un determinato scopo, anche se proposte da privati, dovevano necessariamente avere veste giuridica pubblica. Dalla stesura della Costituzione c’è stato un cambio di pensiero ed è stato affermato il principio della libertà dell’assistenza e quindi anche della libertà dei cittadini di costituire associazioni di carattere non lucrativo private che però perseguono scopi di interesse pubblico. Di qui tutto il percorso evolutivo che ha condotto poi al codice del terzo settore e alla nuova configurazione giuridica delle ETS.

 

Da presidente di un Ente per i servizi alla persona avrà molto chiaro il ruolo fondamentale che ha la costruzione di una forte rete territoriale, in grado di rispondere ai bisogni assistenziali e sociali. Ci piacerebbe approfondire questo tema.

Per quanto riguarda Asilo Savoia, la riforma che ha trasformato le Ipab in ASP è del 2019 e si è concretizzata agli inizi del 2020.

Già dal 2014, quando sono stato nominato dal Presidente Zingaretti, ho voluto anticipare questa riforma per quanto possibile a livello operativo. Infatti, l’Asilo Savoia si è subito posta non come ente autarchico con una tendenza a voler fare tutto da sola , in isolamento, senza parlare con gli enti locali, ma fin dall’inizio si è messa in rete, in particolare con la Regione e poi con il Comune. Si è così inserita in un dialogo fecondo anche con il terzo settore. Il ruolo dell’ASP è proprio quello di fare da cerniera fra le istituzioni, gli Enti locali e il terzo settore. Essa cerca di contribuire alla costruzione di una rete solida, attraverso la sua duplice natura di Ente dell’amministrazione pubblica e di soggetto attivo nell’erogazione di servizi. Siamo un ponte dove si incontrano tutti i vari soggetti dei servizi sociali per realizzare attività e servizi che siano sostenibili, efficaci e di qualità.

Noi realizziamo moltissime iniziative in collaborazione con gli enti locali, le si possono trovare sul nostro sito.  Le realizziamo attraverso apposite istruttorie pubbliche, ora introdotte nel codice del terzo settore.

 

Per quanto riguarda il progetto “18 anni e un giorno” in favore dei neo maggiorenni care leavers, che la nostra redazione sta seguendo da vicino, è fondamentale avere un solido rapporto con i servizi sociali e le figure assistenziali pubbliche.

È evidente che i rapporti con i servizi sociali in una città importante e complessa come Roma non sono di per sé facili, perché all’interno dei municipi c’è un sovraccarico di lavoro in termini gestionali e operativi.

Ci sono due livelli: quello dei servizi, quindi degli operatori e dei tecnici, e poi quello istituzionale. E’ evidente che il rapporto tra i singoli servizi che forniamo, tra cui quello dedicato ai care leavers, è tanto più funzionante quanto migliore è il rapporto istituzionale che intercorre tra i vertici dell’Asp e l’amministrazione comunale e municipale. Noi abbiamo sempre avuto un orientamento alla gestione costante dei rapporti con tutte le amministrazioni a prescindere dalle coloriture politiche. Un’amministrazione è un’amministrazione e si deve costruire un rapporto con questa. Dobbiamo dire che c’è un’ottima collaborazione tra il nostro staff tecnico e quello dei municipi.

 

Il mondo nel 2020 è stato scioccato dall’arrivo di una pandemia che ha mutato ogni contesto di intervento. Che mutamenti ha dovuto affrontare la ASP nelle sue attività, essendo un ente che lavora in situazioni che già per propria natura sono complesse?

Tutto si è complicato, è ovvio. L’aspetto del reinserimento lavorativo ha subito delle forti difficoltà, se non una battuta d’arresto. Per un semplice motivo: quando c’è un’economia che è in forte crisi come lo è stata durante il covid è evidente che diventa quasi impossibile sostenere un percorso di inserimento lavorativo per target che già di per sé hanno delle difficoltà rispetto a persone che non hanno difficoltà specifiche nell’inserimento lavorativo. Da una parte però è stato un impulso a fare meglio. Devi considerare che le persone che lavorano dentro Asilo Savoia hanno un’età media molto bassa. È un’azienda che si è sviluppata molto negli ultimi anni: quando io sono arrivato nel 2014 avevamo solo 4 dipendenti, oggi è un’azienda che coinvolge a vario titolo, compresa la società sportiva, tra le 40 e le 50 persone, senza considerare i tutor e altri collaboratori. La maggior parte delle persone ha un rapporto molto forte con l’azienda, nonostante esso sia recente. Essendo un ente che non aveva una grossa organizzazione, tutti tendono a sentirsene parte integrante e hanno acquisito anche un forte impulso nei confronti della amministrazione vedendo che è un ente in cui la creatività e le idee sono incoraggiate e realizzate. La tipologia di organizzazione a chilometro 0, come la chiamo io,  facilita e gratifica la creatività e l’innovatività dell’approccio dei singoli operatori. Quindi le difficoltà innescate dalla pandemia sotto i vari aspetti organizzativi, gestionali e anche in termini di obiettivi, in particolare in merito all’inserimento lavorativo, hanno stimolato a ricercare nuove modalità gestionali e nuove tipologie di risposte.

 

C’è stato qualche modello positivo a livello nazionale o internazionale che ha ispirato l’organizzazione dell’ASP?

Io non esaurisco la mia attività qui, ma anzi questa è un’attività che svolgo al di fuori del mio lavoro, che è di direttore della struttura di responsabilità sociale di Poste Italiane. Ho interiorizzato molto le prassi e le modalità della nostra azienda, che è leader anche in termini di sostenibilità, riadattandole ad una dimensione diversa e ovviamente più piccola come quella di Asilo Savoia. Abbiamo valorizzato molto il peer to peer tra presidente consiglio di amministrazione e direzione da un lato, e tutti gli operatori dall’altro. E anche tutti gli utenti, direi! Io conosco i neomaggiorenni e loro conoscono me perché mi hanno visto, ci ho parlato. Questo li fa sentire non parte di un meccanismo burocratico che decide sulle loro teste cosa fare, ma parte di un organismo vivo in cui loro non sono numeri ma persone. Questo ovviamente può accadere se le dimensioni dell’ente sono umane. Penso di aver portato molto di quest’approccio unito alla mia attitudine all’aver un rapporto anche informale, di impulso, di incoraggiamento e di esempio. Però, per rispondere alla tua domanda, non ci siamo propriamente ispirati ad un modello. Anzi, abbiamo cercato, anche con un po’ di ambizione in positivo, di crearlo, e in alcuni casi ci siamo riusciti. Ad esempio sulla linea di attività Talento e Tenacia abbiamo costruito un modello operativo che ci è stato riconosciuto ed è stato apprezzato a livello regionale. Siamo partiti da una sperimentazione per poi arrivare ad una modellizzazione, che è stata riconosciuta anche a livello nazionale. Anche sui neo maggiorenni c’è un modello che piano piano stiamo costruendo.

 

Funzionale all’attività dell’ASP Asilo Savoia è il recupero e il riutilizzo immobili abbandonati o confiscati alla criminalità organizzata. Pensiamo questo sia di grande importanza per la collettività e ci piacerebbe sentire una sua riflessione sul tema.

Il tema del recupero degli spazi a fini sociali è esso stesso un veicolo di inclusione e di coesione. Perché dove c’è uno spazio abbandonato si crea degrado. Quando lo spazio abbandonato è pubblico è un segnale ancora più sconfortante per la comunità di un fallimento del pubblico.

Noi abbiamo avuto i primi contatti per il recupero di beni sequestrati e confiscati nell’ambito di Talento e Tenacia e ci siamo resi subito conto dell’enorme valore e potenzialità che hanno queste operazioni anche in termini iconici e simbolici. Di come una struttura che è stata costruita o acquisita in forza di azioni illegali ritorni alla collettività con un uso pubblico, collettivo non a pagamento, sotto forma di servizi. In questi termini la confisca è una restituzione morale, una restituzione alla collettività. E noi ormai lo abbiamo fatto sia con l’Asp sia a livello nazionale. E soprattutto abbiamo utilizzati questi spazi con delle progettualità innovative che fanno rete e alimentano il rigenerarsi dei territori. Abbiamo il centro ad Ostia, il centro sportivo a Montespaccato, il centro comunitario ad Ostia Fasciani, due case per i neomaggiorenni, quella di Rocca Bernarda e quella di via Cornelia. La casa rifugio è il centro antiviolenza del secondo municipio sono due immobili confiscati. E molte altre strutture, che puoi trovare tutte sul nostro sito. 

 

Per concludere, ci può dare un giudizio generale su questi primi anni del progetto “18 anni e un giorno”, sottolineando eventuali aspetti da migliorare?

La sfida più importante, a mio avviso, è dare una visibilità in chiave di trasferimento del modello. Per questi motivi abbiamo dato il via anche a questa iniziativa.

In termini progettuali il punto da migliorare, che è anche quello più difficile, è l’inserimento lavorativo. Ci sono difficoltà per tutti. Ricordiamo che noi abbiamo la percentuale tra le più alte d’Europa  della disoccupazione, quindi se un giovane che non ha avuto peripezie di quel tipo trova difficoltà, è ovvio che loro trovano delle difficoltà. Per fare questo noi abbiamo cercato di integrare la rete interna dei servizi che abbiamo noi con ulteriori step. Per esempio abbiamo recuperato una struttura di nostra proprietà per destinarla proprio ad un centro di orientamento, formazione e inserimento lavorativo, espressamente destinato a giovani neet.

Poi, vogliamo aumentare le partnership con altri soggetti del privato sociale, del terzo settore. Adesso stiamo riprendendo il progetto dell’Emporio per l’inserimento lavorativo con la Caritas nell’ambito di una donorship di Trussaldi nel settore dell’abbigliamento. Tra le ulteriori opportunità abbiamo quasi finalizzato un rapporto con l’Aia, l’associazione nazionale degli arbitri per inserire i neomaggiorenni nei corsi, con la possibilità di ottenere il titolo di arbitro e poi utilizzarlo. Questo ha sicuramente un valore economico. Tuttavia il valore è più grande: è un corso che ribadisce come il rispetto delle regole e la legalità siano una bussola che ti conduce alla tua affermazione professionale e personale.

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