Nella cornice romana del Teatro India e in collaborazione con Short Theater – tra i festival di performing arts più attesi a livello internazionale –, si è tenuto lo scorso 7 settembre Memorie da Sottopelle. Laboratorio di Coreo/grafie Decoloniali, commissionato e curato dal collettivo LOCALES. Si è trattato di un evento che si inserisce all’interno del progetto di If Body, uno dei programmi culturali più interessanti riguardo la rappresentazione e lo studio del corpo come linguaggio artistico e politico.
Memorie da sottopelle. Laboratorio di coreo/grafie decoloniali è stato curato da Marie Moïse e Mackda Ghebremariam Tesfau’, due attiviste antirazziste e ricercatrici in ambito decoloniale che con questo evento – portato nei più importanti spazi di lotta italiani – propongono una pratica collettiva femminista di rielaborazione dei sistemi colonialisti e patriarcali. Ne emerge un intreccio di versi, movimento e contatto che genera un lungo lavoro in cui i corpi delle persone presenti durante il laboratorio si confrontano con le parole di autrici femministe e decoloniali pubblicate dalla casa editrice Capovolte. I libri proposti da Marie Moïse e Mackda Ghebremariam Tesfau’ fanno parte delle collane Intersezioni, Ribelle e La Po Ra della casa editrice indipendente e mirano alla costruzione di uno spazio editoriale, dedicato alle voci femministe, da dover conoscere e riconoscere durante un percorso di autodeterminazione.
Occupare uno spazio, renderlo politico e leggere. L’idea intellettualmente potente di organizzare una lettura collettiva, porta a un’importante rielaborazione e analisi dei testi, permette un susseguirsi di comportamenti democratici e, soprattutto, crea un dialogo ampio su tutto ciò che una serie di pensieri scritti su carta sia capace di evocare all’interno di ogni singolo corpo. Le autrici selezionate compongono un quadro in cui il concetto di intersezionalità femminista permette ai libri di creare – grazie al rapporto tra i corpi – degli strumenti necessari per la costruzione di un “noi” consapevolmente antirazzista. Si tratta di un laboratorio di coreo/grafie perché la parola attiva all’interno del corpo la memoria della storia. Le autrici sono donne nere razzializzate che permettono di attuare un lavoro di ascolto sul sé con una luce diversa e, contemporaneamente, a decolonizzare il sapere riuscendo ad avere una prospettiva alternativa rispetto a quella sviluppata dalla cultura razzista.


A rendere il progetto politico sono state le persone e la loro scelta di prendere parte con i propri sensi al laboratorio curato da Mackda e Marie. Arrivate anche da fuori Roma, molte si sono iscritte già conoscendo il lavoro delle due autrici, molte altre hanno deciso di partecipare per ritrovarsi tra ricercatrici e studiose di gender studies, e avere così un confronto specifico con altre attiviste: gruppi di persone entusiaste di poter avere un dialogo intenso e complesso su temi specifici. Quel giorno si è presentata anche Rahma Nur, nota poetessa pubblicata dalla casa editrice Capovolte e autrice di uno dei libri selezionati per Memorie da Sottopelle. Oltre ad aver contribuito con la sua voce al ricco dibattito, verso la fine del laboratorio, abbiamo assistito a una sua lettura di poesie inserite all’interno della sua pubblicazione Il Grido e il Sussurro pubblicata con Capovolte. Le poesie di Rahma Nur rappresentano perfettamente il dolore del doversi silenziare in quanto persone nere, e ricordando con incredibile forza i nomi delle vittime che il razzismo ha marginalizzato. Il suo sguardo permette di ribaltare il pensiero colonialista.
“Alla spiaggia
Mi hai stretto ancora più forte la mano
Ti sei chinata
Ho visto i tuoi occhi bagnati
Lacrime lapidarie
Rigare il tuo viso
Hai preso una grande conchiglia
Me l’hai poggiata sull’orecchio
“Ascolta, la musica del mare
Il richiamo del ventre terreno
Non dimenticare mai
Da dove vieni
Non dimenticare mai chi sei
Non dimenticarmi mai!”
Hai posato la conchiglia nella mia mano
E con essa hai lasciato la vita nelle mie mani.
La conchiglia è ancora con me
La vita è ancora con me
Ma tu, dove sei?”
I testi selezionati coinvolgono scrittrici come Djamila Ribeiro con Piccolo Manuale Antirazzista e Femminista, un testo per riconoscere il privilegio bianco e offrirespunti di riflessione con cui approfondire la propria percezione del razzismo, e Il luogo della Parola in cui si riprendono figure storiche del femminismo come Simone de Beauvoir o Angela Davis per raccontare come la donna nera sia non solo ai margini del dibattito per via di questioni di razza, ma anche per questioni di genere. Si passa poi per Intersezionalità di Carla Akotirene per affrontare e definire storicamente questo termine ; Grada Kilomba con Memorie della Piantagione. Episodi di Razzismo Quotidiano per ripercorrere il razzismo attraverso il vissuto e il trauma delle donne nere; un libro di testimonianze che crea attraverso le sue parole uno spazio di resistenza; Agnese Gazzera con Marielle, presente!: una biografia di Marielle Franco, donna nera e lesbica, cresciuta in una favela ed eletta consigliera comunale a Rio de Janiero, che ha lottato per i diritti delle persone marginalizzate prima di essere uccisa nel 2018.
“Quando scrivo divento la narratrice e la scrittrice della mia realtà, l’autrice e l’autorità della mia stessa storia. In questo senso, divengo la contrapposizione assoluta di ciò che il progetto coloniale ha predefinito”.
– Grada Kilomba, Memorie della Piantagione. Episodi di Razzismo Quotidiano
La poesia, invece, è stata scelta come il focus della seconda parte del laboratorio insieme ai testi poetici di Rahma Nur e Conceicao Evaristo con Occhi d’Acqua e i suoi racconti brevi sulla comunità afro brasiliana dove sono inserite le sue memorie passate tra violenze e rifugi. Le letture ad alta voce in piccoli gruppi di persone ha permesso un nuovo modo di stare in relazione con il ritmo della parola poetica. L’impatto è ben diverso: non sfiora ma penetra. Questo tipo di racconto è estremamente più intimo e può generare sensazioni contrastanti che sono state condivise attraverso il pensiero e la voce delle lettrici. È grazie a queste poesie che nasce una piccola séance creativa in cui tutte le partecipanti hanno provato a ispirarsi e scrivere a loro volta una poesia letta successivamente in cerchio con vortici emozionali e applausi riconoscenti.
L’esperienza si è conclusa con la scelta, da parte di ciascuna delle partecipanti, di una parola che rappresentasse una discriminazione subita o un dolore persistente. Sono state urlate tutte insieme creando un grido uniforme e consolatorio.
L’esperimento di Mackda Ghebremariam Tesfau’ e Marie Moïse contribuisce alla ricerca di spazi da occupare con la cultura per un cambiamento di immaginario collettivo. Il corpo diventa politico grazie all’editoria indipendente e femminista.
