Il premio Nobel per la letteratura del 2020 è andato a una poetessa statunitense quasi del tutto sconosciuta in Europa, Louise Glück. Raimondo Di Maio a Napoli, con la sua piccola libreria “in fondo alla città”, era l’unico editore in Italia ad avere nel suo catalogo la Glück nel momento in cui le è stato assegnato l’ambito premio. La sua libreria e casa editrice Dante & Descartes ha pubblicato dal 1986 a oggi più di trecento “libri artigiani”, come gli piace chiamarli, che spaziano dalla poesia al saggio storico, dai grandi nomi della letteratura come Borges e Sartre, ai nostrani Erri De Luca e Domenico Rea, con testi che raccontano e interpretano Napoli nella sua complessità. Nel 2019 aveva pubblicato Averno della Glück, raccolta poetica che attraverso la mitologia classica canta il lago vicino la sua città. L’aveva stampato in un bel volume, in collaborazione con l’editore spagnolo Rives, con la traduzione del Prof. Bacigalupo, e con una copertina in acquatinta. Stampate mille copie, ne aveva vendute soltanto 80 prima del Nobel, tutte le restanti dopo: ma non ci sono state ristampe.
Infatti venti giorni dopo la premiazione tutti i diritti della Glück, con le traduzioni di Bacigalupo, sono passati a Il Saggiatore. Di Maio ci racconta questa storia con realismo e consapevolezza, senza scoraggiarsi. Non crede nel “colpaccio” come quello del Nobel: si affida ad un progetto culturale di ampio respiro, che gli permette di avere un “catalogo vivo” di libri che durano perché sono fatti per avere un destino.
Come nasce il progetto editoriale di Dante & Descartes?
La mia storia è lunga. Durante gli anni universitari per mantenere gli studi vendevo i libri a rate, poi sono passato alla Feltrinelli rateale, chiuse e andai all’Einaudi. Anche Einaudi è entrata in crisi, perché il sistema non sorregge un tipo di pubblicazione molto culturale e poco economica, com’era l’Einaudi di quegli anni. Così nel 1984 mi sono messo in proprio, ho aperto la libreria perché sono stato licenziato, e ho cominciato a fare il libraio. Vengo da una famiglia della povertà di Napoli, ho studiato grazie al PCI, mi sono diplomato ragioniere e mi sono iscritto a Lettere e Filosofia. Le librerie indipendenti prive di capitali hanno grandi problemi. Quando è nato mio figlio, nel 1986, ho fatto una cosa tipica napoletana, ho pubblicato un libretto di una trentina di pagine, Croce bibliofilo di Dora Marra, importante segretaria di Benedetto Croce. Non sapevo che dietro questo libro c’era il destino di mio figlio, che ha scelto di fare il libraio anche lui. Da quel momento ho cominciato a vendere libri fatti da me, da allora ho fatto più di 300 libri. Ho pubblicato una cinquantina di trentaduesimi (piccoli libri tascabili in formato 4x5cm), fino a che non ho avuto la fortuna di incontrare Erri de Luca, mio amico fraterno, che mi ha donato i diritti per otto libri. Poi un giorno un mio amico, José Vicente Quirante Rives, avvocato e filosofo, ma soprattutto editore spagnolo per Parténope, che pubblica solo autori napoletani, mi ha chiesto come mai non abbiamo tradotto in Italia libri della Glück. Io non la conoscevo, ma aveva scritto una raccolta titolata Averno, lago che si trova a 15 km dalla mia libreria e a 6 km da casa mia. Poi ho saputo che la Glück sul lago di Averno non ci era mai stata, ma erano solo straordinarie suggestioni letterarie della classicità. Così mi interessai alla poetessa e la lessi in inglese e in spagnolo, le fatiche dietro al libro sono state tantissime prima di arrivare al grande maestro Bacigalupo, unico traduttore italiano della Glück. Era il 2019 quando il libro uscì, poi c’è stato il lockdown, e di copie l’anno scorso ne vendemmo appena 80. L’8 ottobre arriva questa sorpresa, danno il premio Nobel proprio alla mia cara poetessa Glück. Una poesia straordinaria, con una lingua moderna, breve, sintetica, americana, capace di dialogare con gli eterni bisogni dell’uomo, il mistero della vita, la questione della morte. Naturalmente passarono venti giorni e qualcuno con molto più capitale di me acquistò tutti i diritti della Glück. Si fa così, subito e tutto insieme. C’è un discrimine tra fare un libro di poesie e fare una saponetta, io avevo fatto un libro di poesie che ha venduto 80 copie prima del Nobel e 920 subito dopo. La cosa più bella di questo momento di festa per il Nobel, per la poetessa e per tutti noi che avevamo lavorato al libro, fu vedere il giorno dopo una fila di giovani dal libraio “in fondo alla città”, che sono io. Questa è stata una cosa indimenticabile per la mia vita.
In Spagna la piccola casa editrice Pre-textos si è definita “tradita” dall’agenzia dell’autrice, che ha rimosso i testi di Louise Glück dal catalogo per passare i diritti a Visor, una casa editrice più grande.
La stessa cosa che è successa a me, ma io avevo fatto un libro solo, loro di Pre-textos ne avevano fatti sette se ricordo bene. Queste sono le ferree leggi del mercato. Pensa che in quei venti giorni, mentre preparavano l’altro libro per Il Saggiatore, non mi hanno nemmeno chiamato, neanche l’agenzia che avevo contattato più volte per ristampare il libro. Il capitalismo non conosce la poesia, conosce solo la razionalità dei soldi capace di buttare all’aria un’impresa come quella spagnola, che in realtà non è che vivesse sulla Glück perché un poeta non vende moltissimo – questo è stato solo l’innesto del Nobel ad un’autrice che non solo in Italia, ma anche in Francia e in Germania era quasi del tutto sconosciuta. Qui sta la differenza tra fare i libri e fare le saponette. Purtroppo il capitalismo fa questo, toglie l’acqua ai fiori.
Ci illustri il catalogo della sua casa editrice. L’ho letto e ho notato che c’è una grande attenzione per Napoli e la sua cultura.
C’è attenzione per Napoli, ma il catalogo non è napolicentrico, non è provincialista. Da poco è andato in stampa Napoli s’è spesa, che parla del passaggio dalla monarchia alla repubblica con attenzione per la reazione napoletana e siciliana a favore per il re, di quella stessa Napoli che è stata la prima città a liberarsi dal nazifascismo. È un libro un po’ strano ma molto importante, con 54 fotografie inedite su Napoli bombardata. L’attenzione per Napoli non è provinciale, Napoli è al centro e non è al centro della casa editrice. Io sono l’editore di Domenico Rea, ho stampato Di Giacomo e Russo. Mettiamo a disposizione per chi si vuole informare su Napoli materiale per interpretare la città, criticare la città, e per amarla. Insomma lavoro per aprire Napoli, non chiuderla, Napoli a cielo aperto nei suoi miti. L’ultimo libro che ho pubblicato su Napoli si chiama appunto Le due Napoli di Domenico Rea ed è un saggio con cui la critica letteraria paradossalmente non ha mai fatto i conti. Solo un “forestiero” poteva capire questa Napoli, rispiega questa Napoli sedotta e asservita all’occhio del turista. Queste son le cose che faccio io, ora sto andando in stampa con la Battista, che è avellinese ed è stata un angelo custode della Ortese, ha scritto un romanzo su una ragazza napoletana. È molto interessante rispetto agli spettacoli televisivi e libri – non si capisce se i libri generano gli spettacoli televisivi o viceversa – che circolano oggi e che impediscono di comprendere veramente la nostra città.
Mi interesso di storia e filosofia, ma anche di cultura cinese, perché ho la fortuna di stare tra due giacimenti: a destra ho la Federico II e a sinistra ho l’Orientale. Conosco tutte e due queste università e molti docenti, cerco di collaborare con loro nel possibile. C’è quindi anche questa capacità di recepire quello che c’è di non strettamente accademico.
Poi sono famoso perché faccio questi libri piccoli che si chiamano il “trentaduesimo”, che sono dei vettori che circolano facilmente, si mettono in tasca e quindi viaggiano un po’ per tutta l’Italia. Ho fatto anche grandi autori, ho fatto Borges, Erri De Luca, Caproni. Adesso stampo il libretto della mia cara vecchia amica poetessa Chandra Livia Candiani, che si chiama L’angelo teppistello, un piccolo libro ma un gigante. È una sorta di autobiografia del lavoro che l’autrice faceva sul territorio di Milano con i bambini rom, turchi, albanesi… che faceva? Insegnava la poesia ai bambini perché la poesia è l’approdo delle parole, è la terra in vista delle parole. È un libro che ha venduto moltissimo.
In parte mi ha già risposto, ma volevo chiederle cosa significa portare avanti una piccola casa editrice in Italia oggi. Quali sono le difficoltà principali che si affrontano?
Le difficoltà sono quelle di 500 anni fa quando è nata la stampa, i soldi. Oggi abbiamo il grande capitale industriale, e Napoli non ha una borghesia illuminata, capace di investire mezzi in un’industria culturale. Io mi reputo un artigiano del libro e lo faccio con la stessa capacità con cui lo fa un grande editore con mezzi, e cerco di fare cose buone, quello è un veicolo che funziona. Ho riconoscimenti, ho amicizie tra i grandi, ho grandi nomi nel catalogo, e se hai un progetto culturale ampio, questo piano piano prima o poi dà risultati. Non credo nel genio, non credere di poter fare il colpaccio. Il colpaccio è venuto, quello del premio Nobel, ma io ho pubblicato anche Sartre che nel ‘64 il Nobel l’ha rifiutato, ho anche pubblicato Borges, che il premio Nobel non l’ha mai avuto, ma tutte le volte che assegnano i premi Nobel noi pensiamo a quel grande scrittore della letteratura mondiale che è stato Jorge Louis Borges che non ha mai ricevuto il Nobel. Certo, l’affollamento, i giornali di tutta Italia che mi chiamavano, la televisione… Però ecco il mondo va così, il mondo ha queste regole e noi cerchiamo di capirle e di usarle senza diventare un’altra cosa. Il giorno che ho ricevuto la notizia del Nobel mi sono detto “io spero di diventare migliore di ieri”, che è l’augurio che si può dare una persona che sa stare in piedi, con la schiena dritta.
Ma quindi di vantaggi economici dal premio Nobel di Louise Glück lei ne ha ricevuti?
Ho venduto tutta la tiratura, altrimenti mi sarebbero rimaste un po’ di copie. Ho coperto il rischio d’impresa perché quello è un libro artigiano, quindi ha un grande disegnatore a cui ho chiesto la cortesia di farmi la copertina, che è diventata un’acquatinta, un collaboratore eccezionale, Rives, e il grande traduttore italiano della Glück, Bacigalupo. Insomma, abbiamo collaborato tutti alla possibilità di questo libro. Qualche effetto economico in più l’ha portato, ma bisogna continuare con un progetto che toglie e mette soldi, è un generare possibilità di andare avanti, libri che a lungo termine vengono ancora richiesti. E questa è la mia fortuna con Erri de Luca e Domenico Rea, io riesco ad andare con un catalogo vivo. I miei libri dopo una settimana non sono morti, sono stati fatti per avere un destino. Si tratta di libri che non vendo tutti i giorni, ma abbastanza spesso presso librai che mi fanno la cortesia di ospitarli o di ordinarli quando il cliente lo chiede. Se fai libri di grande qualità non ci sono problemi, se fai libri che vanno male prima dello yogurt, la partita è persa. La scommessa sta nel fare libri che hanno una durata abbastanza lunga, che sono interessanti anche dopo molto tempo. Invece adesso abbiamo un modello editoriale da supermercato, il modello del consumo, un libro non serve se non ad essere consumato. Invece un libro serve ad un’altra cosa, a farci crescere, a darci delle idee, a darci indipendenza.
Come vivo? Vendo libri nuovi e libri vecchi, vendo anche libri universitari. C’è una sorta di disamore per il libro da parte di queste generazioni che comprano solo fotocopie, mirano al consumo. Questo porterà alla scomparsa di una serie di figure, editori, correttori di bozze, traduttori, collaboratori, grafici… ci saranno solo quelli che fanno un lavoretto per l’editore grande. Ed è grave ancor più quest’anno, le fotocopisterie fanno questo lavoro a viso aperto con questa situazione difficile.
Immagino che con la pandemia l’acquisto del libro si sia spostato tutto sull’online.
Le città sono una cosa viva, Amazon le sta desertificando, non ci sono più negozi e mercerie. La colpa è di chi non gli fa pagare le tasse.
Vuole aggiungere qualcosa prima di salutarci?
Sì! Io ho anche una grande passione per i libri antichi, vendo anche quelli. In questo momento questo piccolo mercato dell’antiquariato ci permette di andare avanti. Napoli come Roma è una città di libri, ha molte biblioteche domestiche che si scambiano e svendono i libri. Così noi vendiamo anche libri del passato. Non pensare che queste saponette che si vendono adesso siano suscettibili di una seconda possibilità di vendita, anche se spero di sbagliare. Ma gli editori italiani sono già falliti se continuano a produrre merci di consumo.
Ti racconto una storia. Io vent’anni fa ho stampato un racconto calabrese in versi su una brigantessa, molto difficile, si chiamava Ciccilla. Vent’anni fa. Stamattina mi telefona una signora e mi dice che adesso esce un romanzo che si chiama Ciccilla. La cultura è questo riprendere le cose e rinviare a cosa già fatte. Sono cose belle che capitano.