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Emergenza Desiderio 

Libido e performance nelle giovani generazioni 

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«Mia madre è preoccupata per me, dice che secondo lei non faccio abbastanza sesso. Mi descrive come svogliato anche in quello. Io non so che dire, non so se mi va di pensarci. Ma ti pare che non ce la faccio nemmeno col sesso? Fuoricorso sul piacere. Figuriamoci sul resto. Che poi mia madre perché mi parla di queste cose, boh».

Ludovico ha 22 anni. Come molti altri giovani adulti, spesso si sente in bilico. Come un funambolo che tenta di marciare su un filo tirato male, cammina impacciato da una torre all’altra della sua esistenza, tentando di rimanere in piedi. Tra le molte recriminazioni di cui le giovani generazioni si vedono protagoniste una su tutte spicca per argomento e statistica: chi ha meno di 30 anni non fa più la stessa quantità di sesso che facevano i loro genitori. 

Livio Ricciardi, consulente sessuale che lavora attraverso l’universo social, ci dice che quello a cui assiste è particolare: un grande accesso alle informazioni di cui si potrebbe aver bisogno e un alto tasso di fruibilità ma allo stesso tempo – croce e delizia del nostro contemporaneo –  un’ossessione per la performance. Sostituiamo alle esperienze le imitazioni delle stesse, dimenticando la grande distanza semantica che esiste tra espressione ed esibizione. E poi, i giovani (e meno giovani), hanno il porno. A qualunque ora del giorno e della notte, in qualsiasi parte del mondo, possono assistere a uno spettacolo capace di calcare i contorni di un rapporto sessuale, mostrandoci l’ombra del sesso nella caverna delle prestazioni. Possiamo vedere pelli lisce in ogni punto del corpo e una durata esorbitante mentre nessuno scivola e sbatte sull’angolo del comodino, nessuno prova qualcosa che non sia piacere sublime ed esplicito. Nessuno suda. Nessuno ha sete. Il paese dei balocchi della sessualità. 

Quando chiedo a Livio se, a suo avviso, il problema sia l’esistenza di questo materiale, la sua riflessione compie un percorso ampio, che abbraccia ciò che è mancato a tutte quelle generazioni lasciate fluttuare nell’incertezza: il contesto. Perché nessuno ci spiega in che modo quello che vediamo nel mondo del porno è finto? Il sesso non ha nulla a che vedere con la perfezione, riguarda piuttosto l’autenticità, l’essere, a prescindere. È fatto di silenzi imbarazzanti, disagio, paura.  Le stanze del porno, invece, hanno più a che vedere con la cinematografia che con la vita di ogni giorno. Il sesso è – anche – fallimento. Quando abbiamo scelto di patinare a tal punto le nostre vite da privarci della possibilità di fare schifo, abbracciando le nostre disfatte in compagnia delle persone a cui scegliamo di affidare la nostra vulnerabilità? 


Tra le ampolle degli antidoti, scontata ma necessaria, abita la tanto ambita comunicazione. Spesso pensieri intrusivi prendono il sopravvento durante il rapporto proprio perché siamo più concentrati su quello che potrebbe provare l’altro rispetto a ciò che proviamo noi stessi. Venti minuti di sesso orale saranno troppi per riuscire a raggiungere un orgasmo? Si starà sicuramente annoiando. Meglio finirla qui. E così il senso di inadeguatezza soffoca i nostri desideri.
Ricciardi cita anche la fatidica prima volta, aprendo un vaso di pandora in cui sarebbe bello trovare un imperativo semplice: rilassati, farà schifo. Ed è giusto così. Perchè, in caso contrario, non ci verrebbe alcuna voglia di riesaminare gli ingredienti per capire quali siano le giuste grammature che ci permettono di comporre una ricetta capace di avvicinarci il più possibile alla conoscenza dell’altro o, ancor meglio, alla conoscenza del sé attraverso la relazione intima con l’altro. Il debutto nel mondo sessuale deve suggerirci «lo voglio rifare, voglio capire meglio». L’intimità è un processo che va costruito attraverso prove ed errori, mettendosi in discussione costante. Abbiamo ancora voglia di percepire l’incomodità di una situazione in cui non possiamo controllare tutte le variabili?

Durante un rapporto sono costretto a vivere, sono chiamato a passare attraverso ogni genere di sensazione perché, e forse è il caso di ripeterlo, la sofferenza mi permette di fare esperienza del mondo tanto quanto la gioia. 

Includere nel sesso il disicanto e l’incomodità ci tenderebbe la mano per entrare in quel tipo di educazione sessuale che riguarda la cura particolare, l’essere guardati e non solo visti, l’essere ascoltati e non solo uditi. 

«Ma perchè parli con tua madre di sesso?» Ludo mi guarda e non dice niente. Sostiene che sia normale parlare di tutto con i propri genitori. Ancor di più con sua madre, con la quale intrattiene da sempre un rapporto descritto come amicale. «Mia madre è una giovane, è una tipa giusta». Alt. In quale gruppo sociale esistente su questo pianeta i genitori e i figli intrattengono un rapporto tra pari come quello che esiste tra amici? 

La relazione genitoriale è per definizione asimmetrica. Esistono spazi in cui è necessario e auspicabile non avere come interlocutore il proprio padre o come interlocutrice la propria madre. Una volta definiti i confini e i consensi che ruotano attorno a una sessualità sana e consapevole (corretta igiene, pratiche sanitarie, rispetto dell’altro) chi ci ha generati dovrebbe starsene in panchina, beato. 

Effetto pandemia

Di certo, va considerato il fattore Covid-19. Durante la quarantena il contatto fisico sembrava solo un lontano ricordo, premio per i fortunati che vivevano assieme e avevano un partner fisso – o comunque nelle vicinanze – e non dovevano affannarsi a cercarne uno. Il sesso sembrava inattuabile, ma il bisogno e il sogno di questo erano comunque presenti. Infatti, secondo uno studio della Fondazione Foresta Onlus, nel 2021 più del doppio dei giovani (se confrontati con i dati di due anni prima) faceva uso di siti di incontri. Sulla stessa linea la pornografia – un’abitudine in tendenza soprattutto tra le ragazze – di cui il 30% ha dichiarato di frequentare abitualmente siti pornografici (nel 2018-2019, la percentuale non superava il 15). 

Le limitazioni non hanno fermato nemmeno le relazioni già avviate: d’altronde, l’incremento di pratiche quali il texting era già stato dimostrato nel 2018 grazie all’indagine EU Kids Online, realizzata da OssCom in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, passando dal 6% del 2010 al 12% del 2017: i mesi di isolamento non hanno fatto che ampliare la cifra sino al 34%. 

Non tutto il merito è della pandemia. Lo sfruttamento delle nuove tecnologie pare quasi far fatica a tenere il ritmo con quelle che sono le invenzioni in campo sessuale supportate da strumenti d’avanguardia: da innovazioni più semplici come il sex toy maschile che si avvale dell’intelligenza artificiale per ottenere “l’effetto sorpresa” nell’esecuzione di una pratica sessuale orale, fino alle bambole in grado di intrattenere vere e proprie conversazioni. 

C’è da chiedersi perché, nonostante la fine della quarantena, siamo così interessati a metodi alternativi per vivere esperienze sessuali. Cosa ci offre il sesso online che l’incontro nella vita reale, invece, ci preclude?

Una possibile risposta potrebbe essere l’effetto di secolarizzazione della sfera sessuale portato dalla normalizzazione. Libertà e consapevolezza hanno causato anche la perdita del tabù. Il sesso non ha quasi più il gusto del proibito. Si sta smarrendo il brivido della fuga, dell’infrazione della regola che ha sempre caratterizzato la sfera amorosa. L’erotismo è diventato consumo. Le tecnologie consentono una fruizione solitaria e schermata che limita il confronto con l’altro, appiattendo tutto a un rapporto narcisistico. Tale limitazione può essere dettata anche da una maggiore insicurezza dovuta all’aumento delle aspettative. Questa, parrebbe colpire maggiormente gli uomini chiamati a confrontarsi più con un mercato che con le persone. Esempio concreto è la pratica del dick rating, in cui performer più o meno famose danno giudizi sui membri degli utenti che ne fanno richiesta. 

Tutta questa abbondanza crea, per paradosso, un’autarchia sessuale che spinge i giovani a limitare la pratica carnale a una sorta di area protetta data dalla masturbazione con partner virtuali (OnlyFans e simili) o fugaci incontri con prostitute. Ne consegue un generalizzato analfabetismo emozionale ed erotico che rende i ragazzi ancora più impreparati al confronto con la realtà.

Educare alla sensibilità

È per questo che si dovrebbe cercare di normalizzare il sesso, soprattutto nel dialogo collettivo. L’azione dovrebbe essere bidirezionale: orizzontale e verticale. Orizzontale è la normalizzazione che avviene dai  giovani per i giovani, nella vita e  nei social. Quello che manca e che andrebbe ampliato, è il dialogo Stato-studente, la normalizzazione in verticale che avviene tramite iniziative come l’inserimento dell’educazione sessuale nelle scuole, soprattutto in Italia, che al momento è uno degli ultimi Stati membri dell’Unione europea in cui l’educazione sessuale non è obbligatoria nelle scuole.

Il tema, dunque, è complesso. Il filosofo Byung-Chul Han parla di quella che si può definire una “recessione sessuale”. La sessualità vera si fonda sull’incontro/scontro con l’Altro, il diverso, ed è una miscellanea che porta al conflitto, all’instabilità. Trovare l’incastro richiede tempo e libertà (due concetti sempre più mancanti nella nostra quotidianità), quindi si è portati più all’auto-sfruttamento, a diventare feticci di se stessi. A ciò si accompagna la paura del fallimento, che questo tipo di modello fa ricadere esclusivamente sul soggetto additandolo come ingranaggio inefficiente.

Se queste istanze valgono per tutti, a maggior ragione valgono per i giovani, vergini di altri modelli, che si rinchiudono in un narcisismo auto-protettivo. Evitano l’esposizione, la frangibilità che il sesso e l’amore inevitabilmente portano con sé. Il generale e tremendo rifiuto della tristezza nella società odierna, trova qui un’applicazione pratica. Il soggetto triste rallenta il ritmo, acuisce la sensibilità e si dimostra più propenso all’arricchimento di sé attraverso l’incontro con l’Altro, in quanto unica fonte di completamento, accettando tutte le sofferenze che tale incontro porta con sé. I giovani, probabilmente, rinunciano all’Eros poiché esso non è chiaro, lineare bensì è un terreno paludoso e salmastro in cui fallimento e vicoli ciechi sono parte integrante del percorso. 


La performance, dunque, è dispositivo essenziale per la riproduzione della società neoliberale.  è per questo che, anche sui social,  stiamo preferendo la realizzazione lavorativa a quella relazionale, facendoci risucchiare la totalità delle nostre energie per la ricerca della produttività. Non ci resta abbastanza tempo per fare qualcosa di tanto inutile come godere. Il sesso non produce nulla di quantificabile, se non i nostro benessere. (Ci intessa ancora stare bene?)

L’antropologa Kristen Ghodsee nel 2018 ha pubblicato una ricerca dal titolo ‘’Why Women Have Better Sex Under Socialism: And Other Arguments for Economic Independence’’ contenente un dato interessante: le donne della Germania dell’Ovest, più inserite nel mercato del lavoro, avevano un numero di orgasmi inferiore a quello delle donne che vivevano nella Germania dell’Est, che descrivevano come soddisfacente la propria vita sessuale.  A forza di parlare del sesso dei giovani e poco di sesso con i giovani, abbiamo perso di vista l’elefante nella stanza: ancora una volta, la responsabilità ricade sul singolo e sulle sue mancanze, lasciando in secondo piano il sistema in cui tutti galleggiamo, annaspando tra le correnti dell’utilitarsimo. Il sesso non volto alla procreazione non serve a nulla, ma è ciò di cui avremmo bisogno: un perfetto slogan per la prossima rivoluzione. 

Vero è che la rivoluzione sembrerebbe in atto: passiamo ore a discutere di poliamore, di fluidità, delle molteplici strutture relazionali possibili, ma poi di fatto la pratica ci spaventa e ci fa fare qualche passo indietro rispetto alla libertà sessuale che sperimentiamo con la nostra fantasia. Leggiamo libri come “La zoccola etica”, che ci dovrebbero istruire nell’avere cura in ogni parentesi relazionale che intraprendiamo – sia essa monogama o meno –  però, numeri alla mano, facciamo meno sesso dei nostri genitori. Lo dimostra Abbiamo sviluppato delle competenze nel riflettere sulla nostra identità che però non sono su base esperienziale. Indotti a pensare di vivere in un’epoca sessualmente liberata, non ci rendiamo conto che la sessualità contemporanea, soprattutto per la generazione Z, è stracolma di non detti e impliciti. 

Il sesso è in crisi. Il desiderio è in crisi. L‘intimità è sempre più un’utopia che facciamo fatica a inseguire. 

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